La Corte di cassazione ribadisce i principi relativi ai reati tributari in continuazione nel testo della sentenza n. 8041 del 20 febbraio 2018.
In presenza di più reati, unificati dal vincolo della continuazione, la durata della pena accessoria, secondo il criterio fissato dall’articolo 37 del Codice penale, va determinata con riferimento alla pena principale inflitta per la violazione più grave.
Questo anche quando la previsione legale relativa alla pena accessoria stabilisca sia il minimo sia il massimo di durata della pena medesima.
Fa eccezione a questa regola l’ipotesi della continuazione tra reati omogenei, come nel caso di fattispecie riconducibili a violazioni della medesima disciplina penale tributaria, nella quale l’identità dei reati unificati comporta necessariamente l’applicazione di una pena accessoria per ciascuno di essi, di modo che la durata complessiva sia commisurata all’intera pena principale inflitta con la condanna, ivi compreso l’aumento per la continuazione.
Rimane ferma, ad ogni modo, la necessità di rispettare il limite edittale massimo previsto per la specifica sanzione accessoria da applicare.
La Cassazione entra nel merito del parametro da adottare
Nella specie, la condanna per diversi reati tributari, impartita dai giudici di merito nei confronti di tre imputati, è stata annullata limitatamente alle statuizioni relative alle pene accessorie temporanee di cui all’articolo 12, comma 1 Decreto legislativo n. 74/2000, pene che sono state rideterminate in misura pari alla pena principale inflitta.
I giudici di Cassazione hanno, in particolare, sottolineato che andava considerato, quale parametro di computo per le pene accessorie non determinate dal legislatore in misura fissa, quello previsto dall’articolo 37 citato, ossia la quantità di pena principale inflitta per i reati cui si riferivano le pene accessorie in questione.