La Corte di Giustizia dell’Unione europea si è pronunciata in materia di licenziamenti collettivi, interpretando l’articolo 10, punti 1 e 2 della Direttiva 92/85/CEE.
In particolare, ha puntato all’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della salute e della sicurezza sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.
La causa di riferimento è la C-103/16.
La Direttiva sopra richiamata fissa il principio del divieto di licenziare le lavoratrici tra l’inizio della gravidanza e la conclusione del congedo di maternità, escludendo tuttavia casi eccezionali, non collegati allo stato delle lavoratrici, come nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, sempre che questa ipotesi sia contemplata nell’ordinamento dello Stato membro. In tali casi, dunque, la lavoratrice gestante è licenziabile.
Quella stessa Direttiva – è scritto nella sentenza – osta però alla legislazione nazionale di un Paese membro dell’Ue che non vieti, in linea di principio, il licenziamento della lavoratrice per l’appunto gestante, puerpera o in periodo di allattamento a titolo preventivo e che, viceversa, preveda unicamente la nullità del licenziamento illegittimo a titolo risarcitorio.
Gli Stati dell’Unione sono, sì, tenuti ad apprestare una tutela preventiva ed una tutela successiva ma, poiché la Direttiva 92/85/CEE fissa prescrizioni minime, essa non esclude affatto la facoltà per i Paesi membri di garantire una protezione più elevata alla categoria di lavoratrici che qui commentiamo.